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Cronache di NUOVA MEMORIA ( V )

Sandro Pizzi, Pero, dicembre 2020

1. Presentati


Buongiorno mi chiamo Sandro e vivo a Pero, sono un pensionato e svolgo un lavoro di volontariato nella mia comunità parrocchiale di Pero-Cerchiate. Esercito anche, sempre come volontario , un lavoro di negoziazione con gli enti locali sul territorio per il sindacato Cisl pensionati.


2. Se dico pandemia qual è il primo pensiero che ti viene in mente?


Mi viene in mente un evento che ha messo in mostra le nostre fragilità, un evento che ha privato prematuramente la società di tante persone, medici, infermieri, volontari, anziani...Mi viene in mente settimane di solitudine, di isolamento e di insicurezza.


3. Avevi mai sentito parlare di pandemia prima di dover affrontare questa?


Si, mia nonna Cleonice mi parlava di una terribile influenza "La Spagnola" che portò alla morte migliaia di persone.


4. Avresti mai pensato di doverne affrontare una?


A dire il vero no. In un discorso l'allora presidente degli Stati Uniti Obama accennò che ci dovevamo preparare ad una pandemia, ma sorvolai sulla notizia col senno di poi...


5. Ci puoi raccontare un evento particolare che hai vissuto?


Io mi sono ammalato di Covid-19 e dopo il tentativo del mio medico di medicina generale di curarmi a casa sono stato costretto al ricovero presso il presidio ospedaliero Luigi Sacco con polmonite. Non sono in grado di tradurre per iscritto cosa ho provato in quei giorni trascorsi in ospedale, posso dire che sentivo la mancanza di affetti, l'angoscia della solitudine mi circondava, il reparto era dotato di macchinari che inondavano la sala di “bit bit” notte e giorno, un andare e venire di personale infermieristico, lamenti continui di degenti più gravi e mai il pensiero della morte è stato così permeato in me.

Devo un grande ringraziamento al personale medico ed infermieristico, mi hanno curato, guarito e dimesso Covid-19-free e per molti mesi hanno continuato a monitorare la mia salute con telefonate, visite specialistiche ed esami di laboratorio, penso aver vissuto un eccellente esempio di efficienza della sanità pubblica.


6. Come è cambiata e sta cambiando la tua vita nella comunità?


La pandemia ci ha avvolti in una solitudine non abituale e quindi sono cambiati i rapporti sociali che avevo con i gruppi parrocchiali, devo dire però che continua il mio lavoro nella comunità, si fa più attenzione ai contatti umani si usano di più i sistemi informatici.

Ho lavorato molto con “L’unità di crisi”, che la parrocchia ha istituito, abbiamo elaborato i protocolli di comportamento per le funzioni religiose, per la scuola dell’infanzia e per le attività dell’oratorio.

Devo confessare che mi rattrista vedere il nostro oratorio vuoto, privo di vita anche se non abbiamo abbandonato la struttura a se stessa, le manutenzioni di controllo semestrale degli impianti vengono fatti con cura, lo teniamo in efficienza pronto a ripartire.


8. Cosa vorresti dire a qualcuno che non crede all’esistenza del COVID (i cosiddetti negazionisti)?


Non mi meraviglio di questi negazionisti che ci sono sempre stati, mi ricordo quando nel caldo luglio dell’anno 1969 l’uomo pose piede sulla luna tante persone non ci credevano e dicevano che era solo propaganda degli Americani.

Io credo che non si debba sprecare energie a convincerli e dobbiamo anche rispettare la loro libertà di pensiero, ma con chiarezza dobbiamo dire a questi signori che non possiamo accettare i loro disinvolti comportamenti perché possono portare ad uccidere persone.


9. Ci puoi lasciare un messaggio di speranza per il futuro?


È un po' “luciferino” fare una domanda simile ad una persona ultrasettantacinquenne che non ha futuro; la mia generazione ha consumato i suoi giorni nel credere nell’ascensore sociale cioè che i figli sarebbero stati meglio dei padri e con il sessantotto abbiamo creduto che fosse possibile cambiare questa società rendendola più equa, più inclusiva e più solidale. Abbiamo combattuto e sperato invano? Io penso di no . Io mi unisco alla voce di papa Francesco “giovani non lasciatevi rubare la speranza”, usciremo da questa pandemia e con molta probabilità nulla sarà come prima e anche su noi tutti lascerà il segno.

Il futuro è in mano alle nuove generazioni ma va costruito, con le leve del sapere, con riflessione, con l’ascolto della memoria e con l’esercizio della responsabilità.


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